domenica 15 luglio 2012

Seconda parte del capitolo 1 di una cosa ancora senza titolo

Per vostra correttezza di lettura, segnalo che la prima parte di questo testo si trova qua ed il secondo qua. Sempre per correttezza, inoltre, segnalo che il post precedente porta la data dell'8 luglio ma è stato pubblicato in realtà il 13 luglio.


VI.

Il modo in cui la Namara Fukumaru raggiunse questo livello di successo è sicuramente misterioso. Nata nel 1982 come azienda produttrice di prodotti ittici, nel corso degli anni espanse il suo interesse in settori fortemente differenti, come i tessuti, l'informatica, poi le materie plastiche, i videogiochi e anche qualche medicinale. Già all'inizio del 2000, alcuni settori sostenevano gli altri vicendevolmente in maniera alternata. In linea generale, non ha mai navigato nell'oro, ma non è nemmeno mai entrata fortemente in crisi, tranne durante la grande crisi mondiale del secondo decennio. Comunque, sopravvisse agevolmente anche ad essa.

Oggi non ha un settore primario, soprattutto dopo la cessione, prima, del settore ittico e la riacquisizione, poi, del 40, poi del 70 e infine del 100% della stessa società che acquisì il settore di cui sopra. Fondamentalmente si tratta di una grossa multinazionale con l'unico scopo finale di far soldi, e basta. Come specificato, non ne ha mai fatti moltissimi, ma se l'è sempre cavata.

Ierimattina, però, improvvisamente la richiesta delle sue azioni ha cominciato a salire, e di conseguenza ha cominciato a salire il suo prezzo. Chi ha cominciato a comprare dopo l'andamento del trend l'ha fatto per speculazione, ma ancora non si riesce a spiegare per quale motivo sia partita la richiesta dei primi compratori. Potrebbe esserci interesse in uno dei suoi prodotti, forse in uno dei suoi composti, o magari in uno dei brevetti non ancora realizzati, chi lo sa?

Fatto sta che se ieri avevi comprato delle azioni della Namara Fukumaru la sera dopo ti ritrovavi ricco sfondato. La cosa curiosa è che negli ultimi mesi erano scese notevolmente di valore, cosa che ha permesso a qualche ricco speculatore di farne man bassa.

Quando i broker di Max gli fecero notare che era diventato quasi impossibile racimolarne delle azioni, se ne stupì. La situazione era decisamente strana ed inusuale, significava che chi possedeva, nonostante l'alto valore, non vendeva. Il senso era chiaro: sapevano. Sapevano che sarebbero salite ancora. Segno che chi possedeva, guidava il mercato, in qualche modo. Erano loro a farne salire il valore. Anche tramite il non vendere...ma non solo per quello.

Quindi, in qualche modo, chi possedeva la maggioranza della Namara Fukumaru era anche l'artefice dell'aumento del valore. Teoricamente è possibile prevedere e guidare gli andamenti del mercato, ma si tratta di una teoria così vicina a quella del caos che probabilmente non sarebbe bastato tutto il tempo dell'universo per comprenderla e tutta la sua energia per calcolare gli algoritmi necessari per controllarla.

Quindi, no.

Non è previsione. Non è il cavalcare un'onda che sai deve arrivare. No.

E' GENERARLA, l'onda.

Cercò informazioni sulla società, e non trovò nulla di particolarmente interessante, nulla che lo colpisse. Chiamò quindi chi di dovere, e chiese di informarsi su chi detenesse la maggioranza della azioni della società.


-Vuole sapere qualche informazione in particolare?-

-No. No, non è così che funziona. Voglio che controlliate a chi appartengono, a quali privati, a quali società, poi voglio sapere a chi appartengono, quelle società, chi ne detiene le azioni, chi fa parte del loro consiglio di amministrazione e chi fa parte dei consigli di amministrazione delle società di cui gli stessi fanno parte assieme. Poi, da capo, voglio sapere cosa controllano le stesse, e voglio che seguiate i fili fino ad arrivare all'UNICO reale azionista di questo complicato gioco di scatole cinesi.-

-Molto bene, signore. Sarà fatto.-


Lontano, quella cosa continuava a tentare di migliorarsi. C'era una realtà complessa, attorno a lui, e non riusciva ancora a vederla correttamente. Era ancora confuso da persone, volti, alberi, case, automobili, quello che tutti si sarebbero aspettati dovesse vedere e quello che, infine, non voleva più vedere. Doveva vedere altro, e l'altro si nascondeva.

Nella complessità dei suoi pensieri, l'altro rappresentava un mondo perfetto. Nel mondo perfetto, però, spazio per lui non ce n'era.

Chiuse gli occhi, All'interno del suo buio, visualizzare il concetto della sua realtà era facile, ma era solo un sogno. Difficile era trasportare il suo sogno all'esterno di lui, affinchè lui potesse vederlo per quello che è, senza confusione, senza orrori, senza distrazioni.

E senza stanchezza.

Questa, era la cosa che più gli dava fastidio. Era stato in grado, in passato, di vedere il futuro, di costruire mondi, persino di distruggere universi.

Ed era stato capace di amare.

E ora, tutto questo si era perso. Nel profondo dei suoi sentimenti, della sua mente, forse del suo dolore... si, ecco, probabilmente era perso laggiù, nel suo dolore. Era stata una vita ababstanza lunga perchè i sogni arrivassero a bruciarsi tra di loro.


E lui li rivoleva. Era vecchio, stanco e innamorato. E li rivoleva.



VII.


- Pronto?-

- Sono io.-

- Oh, finalmente. Sei arrivato?-

- Si, siamo entrati in paese da poco. Ho cercato di prendere una stanza accanto alla loro ma l'albergo era pieno. Per fortuna ho trovato un albergo vicinissimo al loro...-

- Dovrai stare molto attento, allora. Cercare di vedere quando escono, controllarli attentamente.-

- Non prendermi per uno sciocco. Ho i miei sistemi. -

Mentre parlava, tirò fuori dalla sua valigia un piccolo apparecchietto lungo. Sembrava una penna, ma era leggermente più largo. Tipo un pennarello. Nel sfiorò un lato, e la punta si allungò, illuminandosi. Iniziò anche a proiettare un raggio di luce perfettamente circolare e molto, molto intenso. Al centro del cerchio si era formato uno schermo, piatto, perfettamente circolare, nel quale poteva vedere molto nitidamente l'ingresso del loro albergo.

Lanciò l'oggetto sul letto, e continuò a tirare fuori altra roba dalla valigia. Tirò fuori un ricambio completo, e si diresse verso il bagno. La pennina rimbalzò un paio di volte sopra la coperta, poi si fermò. Nel rimbalzare, l'immagine non si mosse mai dal punto (nell'aria) dove la stava proiettando.

Aprì il rubinetto della doccia e fece scorrere l'acqua.

L'oggetto pronunciò, molto nitidamente:

- Tutto regolare.-

- Chi c'è lì con te?-, chiese la voce all'altro capo del telefono.

- Nessuno, era il controller. Ho inserito l'audio, così posso sentirlo mente faccio la doccia.-

- Mi raccomando, è molto importante essere presenti nel momento preciso.-

- Si, lo so...so perfettamente quanto questa cosa è importante.-

Accese l'oloviev, con il volume al minimo. scarrellò velocemente tra i canali, fino a che lasciò su un telegiornale. Passavano i sottotitoli delle notizie di primo piano. Ora stavano parlando delle nuove tensioni per le nozze tra omosessuali. Ma stavolta era la volta buona, sarebbero passate, ne era certo. Dopo di questa, l'ennesima notizia sulla proclamazione della fine di tutte le guerre.

Una notizia decisamente pompata, certo. Non erano finite le guerre. Magari fosse stato realmente così. Eppure, le tensioni erano in diminuzione, i trattati di pace erano aperti, e laddove prima si sparava e si bombardava oggi almeno si parlava. Magari a volte volavano parole grosse, ma comunque parlavano. Già da settimane si parlava della fine delle guerre. Un sogno che veniva da molto lontano, ovvio. E che forse, finalmente, aveva trovato la sua requie.

Certo, la fine del petrolio e l'introduzione dei crediti avevano fatto tanto. Tantissimo. E sebbene gli enormi problemi che il mondo ancora si portava dietro, nonostante la presenza della Cina, che alla fine era stato l'ultimo dei grandi problemi planetari, ora il Tibet aveva deciso di entrare in borsa, un modo per far sentire il suo peso. Certo, un modo sbagliato, ma il Dalai Lama era un uomo intelligente, onesto ed estremamente lungimirante. Ora, finalmente, in qualche modo, il grande paese asiatico, diventato nel mondo come la più grande beffa ai diritti umani del pianeta, cominciava a pagare un po' del male che aveva fatto. Dopo la caduta di questo grande colosso multinazionale, l'India, che sembrava volesse prendere il suo posto si era invece collocata in maniera più cauta rispetto ai mercati, preferendo un approccio più transigente rispetto alle altre democrazie mondiali. Purtroppo il danno al Giappone era ormai stato fatto, e volente o nolente si era tagliato fuori da solo. L'america era crollata da tanto, e neppure la ripresa dovuta alla messa in commercio della fusione fredda era servita a qualcosa. La struttura economica mondiale aveva presto portato alla messa in circolazione dei progetti ed alla costruzione in maniera pirata della macchina, ed a nulla erano servite la varie legge di stampo proibizionista che avrebbero dovuto donare il carcere a chiunque si fosse dimostrato in qualche modo "disubbidiente". Quando fu chiaro che chiunque si era costruito in casa una centrale a fusione fredda fu chiaro che non esisteva più guerra. D'altro canto, la cancellazione dello strapotere arabo aveva anche riequilibrato le inflazioni mondiali. Dopo la prima guerra civile mondiale, anche le valute avevano perso fortemente di significato, e quindi anche di potere. Si diffusero i crediti, che era difficile sottomettere ad una inflazione, dato che erano legati anche ad un numero altissimo di banche del tempo.

Insomma...tolti i valori, tolti i sistemi inflazionistici, presto fu anche possibile cominciare a rientrare dei crediti statali. Solo che presto ci si stancò anche di pagarli e ci si chiese se avesse davvero senso pagarli.

Dopo il rischio, fortunatamente sventato, di una seconda guerra civile mondiale, fu presto chiaro che i grandissimi capitalisti vecchio stampo non sarebbero più esistiti.

In fin dei conti era per questo che Max era così potente: tolti i padroni del mondo, i reali imprenditori avevano preso il logico potere economico che da il vendere prodotti seri, dare lavoro, trattare e pagare bene i lavoratori (fino a che ancora il denaro avesse avuto un minimo di valore...poi avrebbero pagato direttamente in crediti)...

"bho, in fin dei conti l'importante", pensò il ragazzo, "è che le guerre vadano a sparire".


- Come ti muoverai ora?-

- Ora mi faccio una doccia. E mi sembra già una gran cosa, dopo il caldo che ho sentito oggi...-

- Dai, serio.-

- E niente, ora aspetto che escano e magari se vanno a mangiare mangio qualcosa anche io... e poi continuo a seguirli. Non è colpa mia se non conosciamo il momento preciso dell'evento.-

- Lo so, lo so...-

- Dai, fammi andare. Dopo ti aggiorno.-

Il controller segnalò che era "tutto regolare" ancora per cinque volte. L'acqua scorreva tonificante.


IIX.


Al bar al lago si presentarono i tizi dell'auto nera, e chiesero se avevano visto alcune persone. Mostrarono delle foto: erano i tre ragazzi, il vecchietto, e un'altra persona che non era ancora entrata nelle nostre vicende.

Si trattava di una ragazza, mora, formosa, con i capelli lisci, alle spalle. Sulla venticinquina. Somigliava vagamente a Laura Gemser nei tempi d'oro.

Il barista ricordò di aver visto quello con il ciuffo bianco, perchè è una caratteristica difficile da dimenticare. Gli disse più o meno quante ore erano passate, e no, non aveva la più pallida idea della direzione che avesse preso.

- Gli altri proprio non li ha visti, eh?-

-No, guardi...no. Ma voi chi siete? Polizia?-

- Una specie.-, disse reinfilandosi le foto in tasca. Continuò: -Siamo investigatori privati. Queste persone sono sparire un paio di settimane fa, presumibilmente tutte assieme. Grazie dell'informazione.-

Tornarono all'auto.

- Credi che ci abbia creduto?-

- Ma che ti frega?-

Il tempo di mettere in moto l'auto, ed allontanarsi, che improvvisamente il vecchietto apparve esattamente dove essa era parcheggiata. Si diresse al bar.

- Salve...-

- Ma lei è il tizio che è scomparso! La stanno cercando!-

- Si, già...ci pensi bene, amico mio...non mi stanno cercando.-

- Ah no?-

- No, caro mio...no.-

- Ah...è vero...no, non la stanno cercando...credo...-

- Bravo...vede che aveva le idee confuse? Ma ora si ricorda meglio...-

- Avevo le idee confuse... si...non la stanno cercando...-

Il vecchietto si aggiustò il colletto della camicia.

- Bene. Posso avere un caffè, ora?-

- Certo, subito.-


Si voltò a guardare il lago. Era placido e tranquillo. Magari fosse stata sempre così la vita.

La campagna circostante il lago formava un perfetto anfiteatro collinare, eccetto una piccola fascia pianeggiante. Questa fascia si trovava, per altro, sulla via che avevano seguito Jordan e Vincent per raggiungerlo. Questo lago in particolare non ha nessun fiume immissario, ma solo un paio di torrenti. Altresì non ha neppure un emissario naturale, tanto che è stato necessario crearne uno artificialmente.

Pensò che prima o poi gli sarebbe piaciuto vedere anche i torrenti e l'emissario artificiale... e si chiese se ne avrebbe avuto mai il modo. Se il tempo che gli restava glielo avrebbe permesso.


Finì il suo caffè, pagò, rimase a guardare lo specchio d'acqua ancora qualche istante, e poi sparì.

Il barista rimase lì con un senso di confusione molto forte. Dopo qualche minuto, però, si riprese e si mise a pulire il banco, fischiettando.


IX.


Sulla faccia oscura della luna, improvvisamente qualcosa si accese. Non sappiamo da quanto tempo fosse lì, indubbiamente qualcuno doveva avercelo messo, ma non sappiamo nulla su di lui. Era un trasmettitore. In un momento preciso della giornata, qualcosa gli aveva segnalato che era venuto il momento di accendersi. E di cominciare a trasmettere un segnale. Ci sarebbero volute almeno 12 ore perchè dalla terra qualcuno potesse rendersene conto, il che significa, per i nostri due viaggiatori, le quattro del mattino, ora locale. In quel momento i due stavano dormendo, ma anche se fossero stati svegli e per caso fossero stati sintonizzati su qualche notiziario, non avrebbero certo saputo nulla, perchè la notizia era stata messa immediatamente a tacere. In pochissimi minuti, i maggiori rappresentanti governativi si erano passati parola ed avevano deciso subito l'immediato silenzio stampa, istituendo, tutti, nessuno escluso, la legge marziale e l'immediata fucilazione per chi avesse divulgato notizie sull'argomento.

La notizia era, o almeno pareva, troppo importante per essere lasciata immediatamente di dominio pubblico.

Ma non eravamo più negli anni '50 del secolo precedente, e siccome per comunicare non si usava ancora la telepatia (si sarebbe mai usata?), la notizia dovette comunque passare su canali filtrati ma pur sempre telematici. E siccome, come ha sempre riportato qualunque buon hacker, l'unico modo per mantenere sicuro un computer è tenerlo staccato dalla rete, nel giro di una settimana Anonymous sapeva già tutto quello che c'era da sapere sull'argomento.

L'organizzazione stessa, però, si chiese se fosse il caso di divulgare tali informazioni. Il terrore che se sarebbe conseguito sarebbe valsa la libertà dell'informazione? Ci pensarono per almeno due giorni, e quando, infine, una certa frangia del movimento aveva già cominciato a diffondere la notizia, mettendola in prima pagina in TUTTI i siti mondiali, comunque ormai era tardi. Il mondo si mostrò impreparato a quello che stava per succedere, troppo tempo rimasto impelagato in guerriglie interne, troppo confinato nel suo guscio arretrato, troppo, comunque, vincolato a credere, ormai, soloa quello che gli si voleva far credere.

Se anche l'informazione fosse stata data prima, difficilmente la gente si arebbe mostrata pronta a quello che doveva vedere.

E quando, infine, la notizia venne comunicata a livello globale (solo un'altra settimana dopo, perchè nel frattempo NESSUNO aveva penato a togliere i blocchi governativi, e solo pochi audaci resistenti azzardarono il commento di ciò che ormai era semplicemente evidente), in pochi riuscirono comunque a spiegare il fatto.

Questo, semplicemente, era.

Ora c'era da trovare un modo di andare avanti.

Quando il vecchietto sentì la notizia, invece, cercò disperatamente il modo di andare indietro. Provò e riprovò, ma per quanto si sforzasse, la cosa non funzionava. Alcune cose si, per carità, altre stentavano a prendere la giusta direzione. Qualunque cosa facesse, peggiorava qualcos'altro. Eppure, un modo doveva pure esserci.

Anche Max quando apprese la notizia (decisamente MOLTO prima di quando i canali ufficiali decisero di darla; addirittura prima dell'evento stesso) restò a lungo indesiso sul da farsi. Ipotizzò alcuni piani, ma non si decise a metterli in pratica. Anche perchè, dopo il crollo delle borse mondiali (e quindi anche del suo capitale), comunque il valore della Namara Fukumaru CONTINUAVA A SALIRE. Impossibile pensare che le cose non fossero collegate.

Rifletteva sul fatto che evoluzione e involuzione avevano proceduto per troppo tempo di pari passo a questo mondo. E che la cosa probabilmente doveva aver scatenatto un effetto domino difficilissimo da fermare.


Quando, quella stessa mattina che il trasmettitore entrò in funzione, il mondo riprendeva la sua vita tranquilla di sempre, contemporaneamente, nello stesso preciso identico istante, sulla stazione internazionale Isaac 2, sopra il golfo del Messico, si facevano test sui pozzi di antimateria presenti naturalmente attorno al pianeta. Ma nello stesso identico istante, ad Hospitia, un campanello suonò ed una signora aprì la porta. Era il rappresentante della Folletto che chiedeva di fare una dimostrazione, tutto formalmente vestito come un pinguino, in completo e cravatta, così elegantemente fuori posto, così stupidamente fuori tempo, così decisamente fuori di testa, come tutti i venditori. E, come tutti i venditori, così fortemente motivato nella convinzione che L'IMPERATIVO E' VENDERE!


X.


Ma non era ancora il momento. Dopo essersi dati una rinfrescata ed essersi cambiati gli abiti sporchi di sudore e del viaggio, Vincent e Jordan erano pronti per fare due passi in cerca di un posto per cenare. Il paese non era granchè, e l'avrebbero girato in ben poco tempo. Ma prima di cena ebbero il tempo di fermarsi in una gelateria che, a detta di entrambi, faceva il miglior gelato alla Nutella di tutti i tempi. Anzi, non era gelato: riempivano proprio il cono di Nutella gelata. La chiamavano Nustella, per evitare problemi con il marchio.

Appena uscirono dall'albergo, comunque, il trasmettitore lo segnalò, ed il ragazzo dal ciuffo bianco si precipitò fuori dalla stanza.

Per rientrare un istante dopo a sistemarsi i capelli. Non sia mai che potessero apparire fuori posto.

Recuperò il suo apparecchietto, e si fiondò giù.

Quando arrivò in strada fece in tempo a vedere i due allo svincolo, prima dell'incrocio, e pensò che per un pelo non li aveva persi. Andò a passo spedito fino a che non fu abbastanza vicino ai due da esser sicuro di non perderli di vista, poi si avvicinò ad un albero di fronte all'angolo del loro albergo, e vi puntò un vertice del suo apparecchietto, fino a che questo non segnalò:

- Visuale acquisita.-

E si rimise dietro i due.

Quando i due uscirono dalla gelateria vi entrò anche lui, incuriosito dalla Nustella, e dovette riconoscere anche lui che non era niente male.

Mentre i due, più avanti di qualche decina di metri, chiacchieravano del più e del meno, lui ammirava la rocca, lassù in alto. Da dove veniva lui costruzioni così poderose ve n'erano, ma di genere completamente diverso. Si fermò a riflettere sulla grandezza della civiltà che doveva aver portato alla costruzione di cose così faraoniche, e sul tempo che doveva esserci voluto. Più di una singola vita? Si, senza dubbio. L'umanità si poteva, in un certo senso, considerare come un unico, grande essere vivente che portava avanti i suoi sogni, i suoi desideri, nel tempo, oltre quello che erano le aspettative degli uomini, e persino, talvolta, al di sopra del loro singolo volere.

Non era sicuro che tutto questo gli piacesse, ma in un certo senso ne era affascinato.

Infine, dopo aver ammirato il modo sublime in cui il tempo in quel luogo sembrava essersi fermato, i due entrarono al ristorante "Ponte d'Augusto". Abbastanza lontano, a piedi, dal loro albergo per permettergli di smaltire almeno in parte quello che la cucina locale sembrava stare per offrire loro.

Il loro inseguitore si chiese chi diamine fosse Augusto, e dove accidenti si trovasse il ponte.


Gaio Giulio Cesare Ottaviano Augusto (ma questo lui non lo ebbe a sapere prima di qualche ora, quando connesse il suo giocattolino alla rete per ottenere informazioni da wikipedia), ovviamente, meglio conosciuto solamente come Ottaviano o Augusto, fu il primo imperatore romano, titolo che acquisi il 16 gennaio del 27 Avanti Cristo. Fu lui a volere il famoso ponte (che si trova poco più in avanti sulla stessa via del ristorante, nella direzione opposta, sulla via per arrivare alla rocca. Per la cronaca), utilizzato per l'attraversamento della gola creata dal fiume Nera. Oggi, purtroppo, della mastodontica struttura (era lungo 160 metri) rimangono solo due piloni voltati ad arco, una contrapposta sezione sulla sponda del monte opposto ed i ruderi di due piloni dell'arcata centrale, crollata nel 1855.

Ci sarebbe da dire che nel corso degli anni il ponte è crollato più volte e più volte è stato danneggiato, ma a questo punto lui si era già annoiato, decidendo che avrebbe preferito andarlo a vedere, il giorno dopo.

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