venerdì 27 luglio 2012

Capitolo 4. Al prossimo arriva il titolo, contenti?

Ok, ci siamo. Probabilmente ho in testa il titolo. Ci rimugino sopra fino al quinto capitolo, ok? Poi magari mi prendo fino alla fine del libro per ripensarci su. Oh, in fin dei conti lo sto scrivendo in diretta. Prendetelo come titolo provvisorio. Che come spesso accade ai titoli provvisori, poi diventano definitivi.

Esiste anche la possibilità che decida di dare un titolo anche ai singoli capitoli...e forse anche ai singoli paragrafi. Non lo so, ci devo ancora pensare.

Intanto, se volete leggere, o rileggere, le parti precedenti, ho creato una pagina apposita.


Per il resto, a questo punto mi pare giusto precisare che vi sono le dovute note di copyright, che sono grossomodo le stesse di tutto il blog, ma anche solo per quelle piccole differenze che intercorrono mi pare giusto riscriverle:


Tutti i contenuti di questo libro sono copyright ©2012 di Fabio Postini. Tutti i diritti riservati. Si tratta di un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti, persone, cose realmente accaduti o esistiti è da considerarsi puramente casuale e pertanto non perseguibile. Ogni nome, marchio, o personaggio reale o di fantasia non di creazione dell’autore in essi citati sono di dominio pubblico, e comunque laddove esistano dei copyrights essi sono di proprietà dei relativi autori, creatori, inventori ed editori. A tal proposito è da precisare che, dove possibile, suddetti marchi sono stati sostituiti con altri di fantasia. L’autore intende comunque scusarsi con chiunque possa ritenersi offeso dai ragionamenti espressi nel racconto ove essi possano offendere l’intelligenza, il pudore, la fantasia e le idee politiche, religiose e sociali del lettore, idee comunque espresse nel diritto e nel rispetto dell'articolo 21 della costituzione sulla libertà di manifestazione del proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.




Che poi ormai sapete bene quanto io sia attento al discorso del copyright.

A tal proposito, mi sembra anche giusto precisare che, sebbene io sia il detentore UNICO del copyright di tutta la storia ed i personaggi che quivi appaiono, ci sono elementi che non sono di mia creazione (pur essendo mio il copyright, ripeto). Non ne faccio ancora il nome perchè non è apparso nella storia stessa e non voglio rovinare il gusto della lettura a chi non sapesse ancora di chi o cosa sto parlando. Nel rispetto dell'operato di tali creatori (non ne faccio ancora il nome per lo stesso identico motivo), preciso che quello che scrivo potrebbe esser soggetto a revisione, se esso non fosse totalmente coerente con le idee che gli stessi avevano in mente sul trattamento della continuity degli stessi.

Invito quindi gli stessi a segnalarmelo subito, affinchè possa trovare il modo di correggere il problema in corso d'opera o, male che vada, a effettuare cambiamenti anche sul già scritto.


Voglio precisare che questo capitolo mi ha chiesto più tempo degli altri per la scelta che sono stato costretto ad applicare al decimo paragrafo, sul quale ero enormemente indeciso. E' una delle cose che volevo mettere nero su bianco da tanto, e mi preoccupavo tantissimo della reazione di chi legge. Di cosa avrebbe pensato, di cosa mi avrebbe accusato.

Ma è una mia opinione, esressa a mo' di opinione da un opinionista. E siamo sempre nel rispetto di quell'articolo 21 di cui sopra. Credo.

Insomma, ero indeciso.

Ora non lo sono più.





CAPITOLO 4


I.


22 luglio, 4 del mattino, martedì. Ora locale di Roma.

Sul lato oscuro della luna.

Il paesaggio era desolante, quel poco che la luce delle stelle permetteva di vedere, almeno. Cioè praticamente nulla. Fino a che un oceano, là, da qualche parte, non si illuminò. Interamente. D'azzurro.

Varie lucine precipitavano dal cielo in questo oceano, riempendolo, dandogli forma. Le lucine venivano dalla terra ma solo in prossimità dell'oceano divenano visibili. Erano le proiezioni degli alberelli che evidentemente, erano diventati dei ripetitori. Per chiunque fosse stato in grado di osservare lo spettro dell'ultravioletto, sarebbe stato curioso per lui vedere gli aloni che da essi si sprigionano e salivano "a galla", lentamente, come delle bollicine, come dei palloncini, che attraversavano l'atmosfera e piombavano nello spazio, facendo una semicurva attorno all'orbita terrestre fino a raggiungere la luna. Giunti qua, compivano un'altra orbita (completa, stavolta) del satellite fino a rigettarsi nell'oceano in questione. Solo quando iniziava la discesa diventavano finalmente visibili, prendendo il colore azzurro di partenza e la forma degli alberelli, praticamente delle gocce al contrario. Gocce enormi, come enorme era l'oceano luminoso sulla luna.

Per chiunque avesse potuto trovarsi lì ad osserlarlo, uno spettacolo incomparabile.

Ed era proprio quello che stava pensando il vecchietto, mentre lo osservava sorseggiando il suo the.


"Tutto ciò che è adesso, tutto ciò che è andato, tutto ciò che verrà e tutto quanto sotto il sole è in sintonia, ma il sole è eclissato dalla luna."

(Pink Floy-Eclipse-The dark side of the moon)


II.

22 luglio, 4 del mattino, martedì. Ora locale di Roma.

Palazzo Max.

Non riusciva a dormire. Proprio no. Per quanti cercasse di rilassarsi, l'unica cosa che gli restava in testa era il fatto che comunque valutasse la situazione, il mondo era arrivato ad un punto critico. Pianificava gli incontri dell'indomani, cercava di trovare un senso a tutto quello che stava orchestrando, anche se era decisamente pervaso da un senso di pesante inutilità.

Ogni fibra in lui gridava che era inutile, che era tardi, che non avrebbe funzionato. Ma il suo spirito gli diceva che doveva COMUNQUE provare. Che ne aveva i mezzi finanziari, fintanto che questi avrebbero continuato a valere qualcosa, e doveva sfruttarli.

POTEVA fare qualcosa, quindi era suo DOVERE farlo.

Aveva fissato l'appuntamento per il giorno dopo alle 10 del mattino (casuamente più o meno l'ora in cui si sono alzati gli altri due per prepararsi per andare a vedere la rocca). Era talmente esagitato che avrebbe voluto fare tutto subito, ma a quell'ora difficilmente, senza preavviso alcuno, sarebbe riuscito ad avere molta attenzione da chicchessia.

Chissà come avrebbero reagito, nel sapere che un ripetitore si era acceso sulla luna. Si chiedeva se sarebbe stato il caso di farglielo sapere.

Sono un genere di notizie che danno effetti strani sulla gente. Tipo che vogliono saper come fai a saperlo, cominciano a preoccuparsi, si chiedono se c'è un'invasione aliena in corso...

C'era un'invasione aliena in corso? Non ne aveva la più pallida idea. Ma in ogni caso, non credeva. Non credeva perchè c'era tanta gente, là fuori, e se avesser voluto prendersi il pianeta ci sarebbero stati sicuramente momenti migliori.

Documenti governativi a parte, le sue fonti parlavano chiaramente di decine di migliaia di ufo che ronzavano attorno al pianeta praticamente sempre. Mai si erano preoccupati di studiare un piano d'assalto, e mai avevano cercato nemmeno di nascondersi troppo.

Era sua precisa convinzione che i governi mondiali fossero in contatto con essi da chissà quanto tempo. Se la cosa non era di dominio pubblico era per scelta di chi ci guidava, non loro.

La sua sezione aerospaziale aveva tante di quelle foto di questi oggetti volanti non identificati che il termine stesso per loro non aveva molto senso. Estremamente identificati, ormai, erano per loro. Avevano fatto studi su studi per tentare di carpire il loro funzionamento, senza però comprendere troppo di alcuni elementi chiave. Ciò nonostante, alcuni di essi erano stati addirittura replicati.

No, non erano gli alieni. Non c'era nessuna invasione. Forse allora era una costruzione terrestre? Qualcuno voleva sapere qualcosa della terra, questo è chiaro.

Non è il chi abbia impiantato quel segnale il punto su cui focalizzarsi. Bisognava invece chiedersi perchè avesse cominciato a trasmettere proprio ora.

Quindi, la domanda era: cosa è successo sulla terra, ultimamente?..oltre a quello che già sapeva, intendeva dire.

Sguinzagliò i suoi servizi segreti.

Se c'era qualcosa da sapere, prima di domattina sarebbe stato sulla sua scrivania.

Certo, questo comportava anche spiegare come facesse lui ad avere questo tipo di informazione...ma si poteva facilmente aggirare. Che so, un satellite spia, un ricevitore particolare un, un, un..che so...

"...che diamine mi invento ora?...", pensava un multimiliardario stremato dai suoi strani segreti.

Questo strano multimiliardario aveva un passato fatto di esperienze particolari che gli avevano cambiato profondamente le capacità fisiche. Quest'uomo aveva delle capacità assurde per qualunque altro essere vivente di questo mondo, e forse di questo universo. Non era ancora riuscito bene a capire come esse funzionassero di preciso, quello che è certo è che queste gli erano state conferite dalla presenza prolungata in ambienti e situazioni non consone all'essere umano.

Tra i tanti, chiamiamoli così, "poteri", che egli aveva acquisito ci era quello di sentire alcune cose singolari, come un particolare tipo di impulso (invisibile altrimenti persino alle più sofisticate apparecchiature) con una precisione millimetrica e addirittura con un certo anticipo (probabilmente percependo delle influenze tachioniche).

Ed è per questo che, alle 2 del mattino, con due ore di anticipo, Sam Max, multimiliardario proprietario della Max Enterprise sapeva con esattezza assoluta che da lì a poco dalla Luna sarebbe partita una vastissima emissione di onde gamma modulate in direzione di saturno. La modulazione gli garantiva la presenza di un messaggio, ma riusciva a dire con certezza che non era un messaggio alieno.

Era scritto in esperanto comunitario.


III.

22 luglio, 4 del mattino, martedì. Ora locale di Roma.

Camera di Jordan e Vincent. Il primo dormiva, l'altro no. La sua insonnia si era accentuata ancora di più con il tempo, e pensava alla sua vita. In qualche modo, il trovarsi in un letto diverso dal suo sembrava aiutarlo a focalizzare meglio l'andamento delle cose.

Quante cose che erano successe negli ultimi anni! Il suo ritorno in città, Alessia, il suo primo lavoro una volta tornato, il secondo lavoro, il terzo lavoro...la ricerca sul suo passato (nonostante questo, la sua amnesia persisteva), il ritrovamento del diario di sua madre, poi Alex, Jordan...la scomparsa di Ray...l'arrivo di Samuel Max, la fuga di Alex, la casa faraonica che gli aveva lasciato, e con essa il modo di far soldi. E poi ancora Chiara, Lola, Dipp...Laura...quella strana cosa di Laura...e poi la fine con Alessia, la depressione, la malattia, la sua velocissima carriera artistica, finita più velocemente di come è iniziata..e Nadia.

E la morte di Marco.

E la fine del lavoro, e la fine della voglia, e la fine del vaffanculo al mondo.

Pochi anni, ma sembravano tantissimi. Quasi il doppio.

Fa male vivere così intensamente. Poi uno si brucia, e non si diverte più.


Quanto aveva contato per lui la morte di Marco? Quanto l'aveva colpito la cosa? Quanto, fondamentalmente, in qualche maniera, questo aveva rappresentato la fine di tutto? La fine dei sogni, delle speranze, della voglia di vivere, di esistere, l'inizio dei cattivi pensieri, delle tristezze?

Che poi forse triste lo era anche prima...


Ma non così. Ora era proprio inerte. E comunque, c'è stato un periodo in cui è stato felice, di questo ne era certo.

E non era questo.

Chiuse gli occhi, nella speranza che i sogni lo portassero via, ma non c'era proprio possibilità. Avrebbe voluto piangere, ma era veramente da tanto che non ci riusciva più.

E del resto, sebbene l'avrebbe voluto, in qualche maniera sentiva anche che non ve n'era nessuna necessità.

Sospirò, abbandonandosi ad una segreta speranza di non svegliarsi più.

Questo posto gli piaceva, però, e si maledisse per non esserci venuto prima. Ci stava bene. Sperò di poterci tornare, prima o poi.

Per la prima volta da tanto tempo, sperò davvero qualcosa con il cuore. Speva che se non ci fosse riuscito gli sarebbe dispiaciuto tantissimo e che alla fine qualcosa in lui ne sarebbe morto.

Ma ora che aveva trovato questo paradiso, ci sarebbe tornato spesso, non se lo sarebbe fatto mancare per nulla al mondo. Ne aveva bisogno, come si ha bisogno dell'aria, come si ha bisogno della luce, e come si ha bisogno della pace.

"La vita è lunga", pensò.

E su questo pensiero, infine, si addormentò davvero, in maniera molto dolce.

Sognò di poter rimanere lì, di parcheggiare tutto il resto della sua vita altrove, di abbandonare per sempre quella città di merda che era Hospitia. Lei, e tutte le persone che ne facevano parte. Tutto, avrebbe voluto abbandonare tutto.

Tranne Jordan. Il suo buon amico che c'era sempre rimasto, qualunque cosa accadesse, e che ora russava come un trombone stonato, e che invece, sognava le ragazze. Cos'altro? Del resto anche lui aveva proprio bisogno di svagarsi un po' in questo modo, non c'è alcun dubbio. E dire che pensava che avrebbe fatto bene a Vincent!

Lui stava sottovalutando la sua questione con Chiara, questo era evidente. Era giovane, e credeva ancora di essere in grado di sopportare tutto.

Ma sulla luna il trasmettitore stava entrando in funzione, e presto tutti, lui compreso, avrebbero potuto mettere alla prova i loro nervi.


IV.

22 luglio, 4 del mattino, martedì. Ora locale di Roma.

Un albergo a 50 chilometri di distanza dalla posizione di Vincent e Jordan. Gli agenti dell'auto nera avevano trovato alcune tracce del loro passaggio, ma giunti lì, avevano dovuto interrompere le ricerche, perchè le tracce -puf!- erano scomparse.

Erano sulle loro tracce da quasi sei mesi. Oh, non di tutti, chiaro. Avevano cominciato con il vecchietto, che era stato visto più e più volte in luoghi sospetti, economicamente parlando. Era lì, a piazza affari, quando le azioni della Namara Fukumaru cominciarono a crescere smisuratamente. Solo per un caso un giornalistà lo vide e lo fotografò. Non stava facendo nulla di particolare, ma la situazione gli ricordò una foto che c'era in una dispensa di studio dell'esame di fotografia di quando era solo uno studente, e gli piacque particolarmente il parallelismo.

C'era, in quella vecchia foto, un vecchietto, che leggeva le quotazioni in piazza affari, nel 1986, quando le azioni della Microsoft andarono alle stelle per l'immissione sul mercato di Windows 3. Era una foto affascinantissima, che accomuna passate generazioni e futuro, e che simboleggiava l'ingresso nell'economia 2.0.

Il fotografo era contentissimo per la foto che aveva fatto, era un bel colpo, e gli sarebbe piaciuto metterle a confronto in una pubblicazione comune.

Fino a quando si rese conto che forse era meglio non farle vedere troppo in giro. Perchè a distanza di 45 anni, quel vecchietto non era simile, era proprio lui. Era lo stesso il luogo, la stessa la posizione, persino i vestiti erano esattamente gli stessi. Leggermente innovativi nel 1986, leggermente fuori moda oggi.

Cosa significava questa cosa? Perchè il vecchietto si trovava contemporaneamente in due posizioni di netto cambio economico, a così grande distanza temporale?

Il fotografo, che si chiamava Peers, non si fermò a questo. Cercò altre situazioni importanti nella storia dell'economia, e ovunque ne individuasse, tentava di individuare foto che potessero ritrarre l'omino in questione. Ne individuò 42, dal 1910 a ierimattina alle 9.

Ne trovò inoltre descrizione nella figura di Giovanni Malfenti, descritto ne "la Coscienza di Zeno" di Italo Svevo, che chiaramente ne trasse ispirazione dopo averlo incontrato nella borsa di Trieste.

Il fotografo si lasciò colpire da questa bizzarra fissazione, e creò addirittura una comunità in rete per decretare se "avete mai visto questo vecchietto?", con la pubblicazione precisa di tutte le prove che era riuscito a raccogliere. Nulla di più di una piccola leggenda metropolitana, quindi, se non fosse che questa volta la leggenda non riguardava ufo o varie teorie del complotto. Stavolta riguardava i soldi. E sui soldi, si sa, qualcuno dice che non si scherza. Scherza coi fanti ma lascia stare i contanti. O qualcosa del genere, insomma.

Non passò quindi molto tempo prima che Peers non venne raggiunto da una misteriosa organizzazione denominata semplicemente "i 13", che lo torchiò fino all'ossesso per estrargli ogni singola informazione in suo possesso...e per assicurarsi che non ne avesse trattenuta qualcuna per se.

E siccome le possibilità dei 13 erano leggerissimamente più pronte di quelle di un sempice fotografo dilettante, le foto che trovarono di questo vecchietto, prese da articoli di giornali, registrazioni casuali di telecamere di sicurezza, riprese televisive, ecc., salirono presto a 15849. Ad ogni notevole variazione di mercato, lui era lì. Data la precisione della presenza, è logico dedurre che ogni volta si trovasse lì per controllare le quotazioni degli investimenti più fruttuosi. Calcolando le percentuali di guadagno registrate in quelle particolari situazioni, calcolando anche solo, per difetto, un terzo di tutto quel guadagno che non è stato possibile tracciare, oggi questo vecchietto possiederebbe una cifra pari al valore di tutti gli ori, tutte le valute, tutte le miniere, tutte le terre, tutti gli allevamenti e quantunque cosa ancora esista concettualmente di valore sulla terra.


Considerando il fatto che questo valore, se immesso di botto sul mercato, distruggerebbe tutti i sistemi finanziari esistenti, mettendo la parola fine sia alla crisi sia all'economia stessa, ecco spiegato perchè i 13 lo stanno cercando.

Poi ci sono gli altri quattro, certo. Ma quelli sono tutto un altro discorso.



V.

Tra gli altri quattro c'era, come abbiamo già detto, una ragazza. Non era ancora entrata nella nostra storia, ma in qualche maniera aveva già fatto del suo. Risultava evidente, infatti, che in molte di quelle foto c'era anche lei, soprattutto quelle recenti. Poteva essere un caso, certo, ma non era da escludere che fosse, invece, una persona informata sui fatti. Qualcuno che, prima di loro, si era reso conto di cosa stava accadendo, ed aveva deciso di seguire la cosa più da vicino?

Oppure una complice? Questa sembrava essere la cosa più ovvia. Come avrebbe fatto, altrimenti, a trovarsi sempre nel posto giusto al momento giusto?

Nel tentativo di andare a fondo in questa faccenda, era stata fatta una analisi dei database di tutti i centri dati del mondo. I 13 erano in grado di farlo, alla faccia di qualunque tipo di privacy esitesse ancora sul pianeta.

E li avevano identificati. Avevano identificato lui, Alan Brazer, registrato in diverse banche dati, l'ultima delle quali lo voleva ospite dell'ospizio che avevano visitato all'inizio; lo voleva, appunto, perchè non lo era più. O meglio, non lo era mai stato. Si erano resi conto ben presto, infatti, che il vecchietto era capace di far sparire le sue tracce in maniera definitiva, come se non fosse mai stato in un certo posto. Nessuna registrazione, nessuno che si ricorasse di lui, almeno apparentemente.

Doveva essere un uomo dannatamente abile, perchè come sparivano le tracce del suo passaggio in questione, sparivano anche nei loro documenti. Dopo la loro visita all'ospizio, non esisteva più nessuna traccia del perchè loro si trovassero lì. Avevano imparato a convivere con questa cosa. Le prime volte venivano colti da un senso di smarrimento, quasi credevano di dimenticarsi di lui a loro volta. Ma si erano abituati. Ora, dopo 27 situazioni similari, avevano imparato a registrare quello che stavano facendo in tanti posti diversi. E alcuni di essi, solo alcuni, restavano registrati. E giunti al ventiduesimo caso, avevano cominciato anche a non esser più confusi. Erano lì per cercare Alan, e se ne ricordavano. Anzi, non riuscivano più a spiegarsi come mai all'inizio se ne dimenticassero.

Ora, nella sua ultima fuga Alan aveva lasciato delle tracce inequivocabili del suo passaggio. Diventava sempre meno cauto. Pagamenti, la triangolazione del cellulare...ora è quello, che stavano seguendo. Ma volevano andarci piano. Sapevano esattamente dove si trovasse, ora, ma non volevano arrivargli addosso troppo in fretta. Spesso la triangolazione non lo trovava più, per ritrovarlo poco dopo a distanze impressionanti. E questa cosa accadeva ogni qualvolta erano a un attimo a prenderlo. Quindi, ora avevano deciso di muoversi lentamente. Ora erano ad una cinquantina di chilometri da lui, e con calma, l'indomani, l'avrebbero raggiunto. Non l'avrebbero cercato, l'avrebbero trovato.

E una volta trovato, l'avrebbero osservato. Insomma, volevano capire cosa fa...chi è. E come fa.

Lei invece era Laura Raphie Shon. Classe '13, era poco più di una ragazzina. Fin troppo giovane per essere la ragazza che stavano cercando, che appariva essere almeno una venticinquenne. Eppure, il profilo dei social network ove la ragazza compariva non lasciava dubbi: dal confronto delle foto, era evidente che QUELLA era la ragazza che stavano cercando. Forse era il trucco, forse le foto in loro possesso non le rendevano giustizia, ma era lei, indubbiamente.


Il fatto che fossero sempre assieme, nelle foto, li portava a cercarli assieme. Ora erano diversi giorni, che non avevano più notizia di Laura. Lei viveva in Francia, con il padre, un americano naturalizzato giapponese di origine cheyenne, e la madre, di Nea Heliopolis. La tenevano sott'occhio, ma da diversi giorni era scomparsa, e il suo cellulare, non riuscivano a capire per quale motivo, non riuscivano a triangolarlo. L'ipotesi generale era che facesse parte di una qualche organizzazione particolare che possedeva una tecnologia..superiore alla loro.

Solo che essere superiori ai 13...bhe...era dura. Era dura parecchio.


Adesso, comunque, i due agenti, Eddie Krunder e la sua collega Lisa Cuddert, dormivano, in camere separate, all'hotel Arco, in piazza Carlo Marx. Il giorno dopo sarebbero ripartiti alla ricerca dei loro strani soggetti.



VI.


In realtà, Lisa Cuddert non dormiva affatto. Continuava a riflettere sulle foto di Vincent e Jordan.

I due erano entrati nel loro campo di ricerche per via di una terza persona, Daniel Irons. Questo era un personaggio che da un paio di mesi era stato visto prendere contatto con Laura, con la quale sembrava avere avuto anche uno scambio di documenti molto riservati, sui quali però non era stato ancora possibile mettere le mani. Il servizio spionistico dei 13 rivelava che i due si erano incontrati per la prima volta in un bar di Icona, dove la ragazza era (ufficialmente) in gita di piacere con alcune amiche.

Dopo il primo incontro ne è seguito un secondo, poi un terzo e un ultimo. E' in questo che sembra esserci stato scambio di materiale tra i due.

Il nome di Daniel Irons era stato piuttosto facile da individuare: sin dai loro primi contatti in chat, sembra che non si sia fatto nessun problema di nascondere le proprie generalità. Evidentemente, non aveva la minima idea di esser seguito. Attualmente, comunque, è costantemente seguito da un'altra squadra speciale dei 13, che garantisce la sua presenza costante ad Icona, impegnato in studi giornalistici; Stava infatti seguendo uno stage per inviato speciale negli studi di channel XBM. Motivo per cui non è, al momento, inserito nella rosa delle persone da tenere sotto osservazione.

A partire dal secondo incontro, però, a momenti alterni, Irons aveva avuto soventi spostamenti nella città-stato di Hospitia, e in questa aveva spesso incontrato il Vincent de Ville, personaggio non del tutto ignoto alla coscienza dei 13, seppure non ne possedevano ancora un profilo del tutto chiarificante. Quanto basta, comunque, per cominciare, da allora, a farne un sorvegliato speciale. Per questo, quando il 20 luglio, due giorni fa, è partito per gli stati centrali, è partita immediatamente la squadra di Cuddert e Krunder. La squadra di sorveglianza fece in tempo anche a fare una foto al suo accompagnatore, presto fatto risalire a Jordan Bux, 270, Hospitial Wall, prima di passare le foto di segnalazione alla loro squadra. Fu a metà del viaggio, che ci si rese conto che la triangolazione del vecchietto, affidato ad un'altra squadra specifica, stava seguendo la stessa direzione del viaggio dei due. Approfittando del fatto che l'ospizio dove era stata focalizzata la sua ultima residenza conosciuta si trovava di strada, poco fuori l'uscita da Hospitia, passarono a dare un'occhiata alla sua stanza. Ma una volta lì, come al solito, scoprirono che non c'era mai stato, non era mai stato registrato, nessuno si ricordava di lui.

Si rimisero quindi in viaggio.


I motivi per cui Vincent de Ville era già conosciuto dal grupo dei 13 erano molteplici. Si mormorava, si diceva, si vociferava. Quasi mai c'erano state prove concrete, il ragazzo era stato bravo a nascondere la sua vera presenza ogni volta, e ogni volta restavano ricostruzioni, testimonianze (poche), vaghi indizi. Nessuna prova sommaria.

Ma ogni volta, a chi aveva la possibilità di accedere a più dati, di sapere di più, era evidente che LUI c'entrava.

C'entrava con le bande, c'entrava con il controllo della droga, con le mafie presenti ad Hospitia, c'entrava con il controllo dei dati, c'entrava con il cyberspace controllato, con le armi termonucleari, con i laser stellari, c'entrava con un sacco di cose.

Nessuna legale. Oppure esistente in maniera ufficiale. Pronunciare alcune delle cose di cui sembrava essersi occupato era considerato un reato in almeno 16 stati.

Ma cosa c'entrasse, non riuscivano a capirlo. Come potesse in qualche modo averci qualcosa a che fare, era un mistero persino per l'organizzazione più misteriosa del pianeta.

Ed era lì. In viaggio per qualche posto verso gli stati centrali assieme al loro sorvegliato speciale.

Un mistero che seguiva due misteri.

Arche Jordan Bux in più modi faceva parte delle loro conoscenze, anche se in maniera meno scandalosa. Gli era noto più che altro per essere un conoscente di de Ville, ma soprattutto per essere il figlio di Peter Bux, da molti nei servizi segreti considerato un anello di congiunzione con Vampire, il famoso vigilante degli anni 20.

E ora, anche lui era in viaggio con gli altri. Con Vincent, con Alan, presumibilmente con Laura, e con l'altro ragazzo con il ciuffo bianco, di cui fondamentalmente non sapevano assolutamente nulla.


VII.


Quelle notte l'aggeggetto del ragazzo dal ciuffo bianco lavorò come non mai. La navigazione in rete DOVEVA fornirgli le risposte di cui aveva bisogno. Il raggio, gli albero azzurri, tutto. cercava corrispondenze, episodi analoghi, che trovò solamente nel reportage preciso di tutti gli altri casi sulla faccia della terra, avvenuti tutti contemporaneamente, non avendo fornita però spiegazione alcuna. Cercò i meccanismi delle armi, le energie, le aurore boreali, cercò spiegazioni di eclissi, tutto quello che in qualche modo potesse motivare quello che aveva visto quella sera. Quello che aveva visto e che NON AVREBBE DOVUTO ESSERCI. Ma nulla, tutto quello che trovava non dava spiegazioni.

Le spiegazioni però lui aveva già cominciato a trovarle, per altri versi, in altre cose.

Non ci doveva essere un festa per la cessazione delle ostilità della terza guerra civile mondiale. Non ci doveva essere nessuna guerra perchè non era finita, la terza guerra civile mondiale. Santo cielo, non era neppure iniziata!!

E così, a spanne, non era nemmeno troppo sicuro del fatto che ce ne fosse stata una seconda...


VIII.


La notte, nonostante tutto, procedeva ancora tranquilla. Era un po' come se non fosse successo nulla, e non forse sempre così, in questo strano, stanco mondo? Ogni giorno succede veramente di tutto, ed ogni giorno è come se non fosse successo assolutamente nulla. Le cose non cambiano, la gente dimentica, o non ci fa caso, o non ci vuole pensare.

Così, l'unica cosa che era evidente, ora, è che faceva caldo, come in qualunque nottata estiva negli stati del nord, e le cicale cantavano e gli alberi brillavano d'azzurro.

Tutto normale, insomma.

Ora probabilmente i giornali l'indomani avrebbero avuto qualcosa da dire. Ma su cosa? Sul raggio no di sicuro, che quello NESSUNO sulla faccia del pianeta era riuscito a capire che cosa fosse, o da dove provenisse realmente.

Sugli alberi, però, c'era molto da investigare: erano qui, erano luminosi, ed erano blu. E una volta raggiunte le sette del mattino, erano anche spenti. Un vero peccato, dato che era giusto il tempo che era stato necessario per far venire degli esperti (che poi, esperti di che? Che buffa è questa cosa? Succede qualcosa di assurdo, tirano fuori gli esperti. Come fanno ad essere esperti, poi, se è di assurdo, che stiamo parlando?), farli attrezzare, e bon, Appena pronti, gli alberi si erano spenti.

E qualunque altro test rifecero sugli stessi, continuavano a dare sempre i soliti risultati: erano alberi, punto. Qualunque cosa fossero stati quella notte, non erano più.

Quando Vincent si svegliò, Jordan era già in bagno a farsi la barba. Ma com'è che riusciva sempre a svegliarsi prima di lui? Se lo chiese, senza darsi risposta alcuna. Lui sapeva di aver sonno, la mattina e questa era tutta la risposta che riusciva a darsi.

Del resto, lui la barba non se la faceva nemmeno tutte le mattine. E poi ora si sentiva...no, aspetta. Che si sentiva? Lui ERA in vacanza, dopo un sacco di tempo, e si sentiva in diritto di stare con la barba incolta.

Una doccia, quello si. Di quello ne aveva un bisogno impellente, dato che l'afa della nottata l'aveva disidratato. Aveva bisogno di ripulirsi i pori, di sentirsi fresco e pulito...e di bere.

Era uno di quei momenti in cui si sentiva stanco, vecchio e sporco. Con mezza vita buttata alle ortiche e la disperata necessità di salvare almeno l'altra metà.

E con l'assoluta certezza che questo riscatto cominciava con una doccia, un bel litro d'acqua fresca e un'ottima colazione.

E forse, per una mattina almeno, niente sigaretta.

C'era la vita, là fuori, ed era fresca. Non c'era bisogno di fumo.

"Dai, Joe, muoviti...", pensò. "Ho bisogno di tornare vivo.".

Accese la tv, e trovò solo cartoni animati e telegiornali. Non aveva voglia né del primo, né del secondo. Tanto non facevano altro che dire che gli alberi si erano spenti.

E allora? Che, forse pensavate che sarebbero rimasti lì ad aspettare voi?

Gli venne da ridere e un po' si incazzò, entrambe le cose per la stupidità umana.

Gli stava venendo voglia di una sigaretta (la dipendenza è dipendenza). Ma la cosa lo infastidì, e decise che Jordan o no, lui si sarebbe fatto la doccia.


-Ehi, ma che...aspe- -Fatti in là.- - Ma ma ma-

- Che c'è? Non puoi farti la barba mentre io mi faccio la doccia?-

- Si, ma...ok...-

- Bravo.-


Qualche minuto dopo, erano entrambi di sotto, a far colazione. Il bar dell'hotel era piccolo ma confortevole. E il succo d'arancia era delizioso.

Era presto, nemmeno le 9. L'aria era ancora fresca e per la prima mattina da anni, probabilmente, la vita era deliziosa.

Quando le ragazze entrarono nel loro albergo e Jordan le salutò, Vincent fece un sorrio e comprese per quale motivo l'amico aveva la spinta per alzarsi presto... e perchè si era persino fatto la barba in vacanza.


IX.


Quindi andarono alla rocca assieme, ma non con lo stesso mezzo. Perché le ragazze erano in moto, e la Chev di Vincent aveva solo due posti. Allora Sonya andò con Vincent, in auto, e Jordan in moto con Emy, ma insistette per guidare lui. Possedeva uno scooter BMW coperto di grossa cilindrata, e non si sarebbe fatta sfuggire l'occasione di guidare una BMW vera. Dopo il ponte, passata la curva per la rocca, soprassò l'auto di diverse lunghezze...probabilmente incappando in tutti e 15 gli autovelox presenti nella salita.

Arrivati in cima, Emy, che doveva essersi resa conto della cosa, cominciò una sfuriata al ragazzo. Non appena Vincent ebbe parcheggiato e fu in grado di comprendere di cosa stavano parlando, disse che si sarebbe fatto carico lui delle multe.

- Poi io e te facciamo i conti, eh?-, bisbigliò all'amico.

Per fortuna i punti, con l'ennesima riforma della patente, sarebbero stati scalati solo una volta. Vincent si offrì di rimborsare l'eventuale corso per il recupero degli stessi ed anche un piccolo, ma tutto sommato cospicuo, rimborso per il disturbo, purchè non si lasciassero rovinare quella bella giornata.

- Ma tu devi essere ricco!-, disse Sonya.

- No..solo scemo.-


In realtà Vincent aveva un modo per recuperare soldi. Faceva parte, in qualche modo, dell'eredità della casa che gli aveva lasciato il suo amico Alex prima di essere costretto a scappare. Era un modo illecito, e consisteva semplicemente nel trasferire fondi valutari da un conto ad un altro. Che non era mai il suo, ma erano comunque conti ai quali lui aveva accesso.

Nelle fondamenta della villa trovava spazio il supercomputer con i server della rete di Vampire, il vigilante. Si trovavano lì perchè Alex si occupava di gestire i suoi immensi database, esattamente come il padre di Jordan si occupava delle sue armi.


I due ragazzi, in qualche maniera, si erano trovati al centro di quello che rimaneva di questo particolare personaggio. Ed avevano "ereditato" un sacco di tecnologia, che usavano per un sacco di cose. Ultimamente, Vincent la usava spesso per racimolare un po' di soldi.

Non era da tanto che lo faceva. Inizialmente aveva preferito decisamente lasciar perdere. Anzi, aveva quasi puntato ad una vita "normale": una casa, un lavoro, magari una famiglia. Quando si rese conto che tutto questo era praticamente impossibile, ormai, e che la casa, anche se non sua, in fin dei conti ce l'aveva, decise di usare tutto quello che poteva per tappare i buchi che le altre mancanze generavano. Come i soldi, ad esempio.

Però non esagerava. Non gli piaceva la cosa, l'aveva accettata solo come ultima risorsa possibile. Forse l'avrebbe usata in un futuro per aiutare anche Jordan, ed anche altri amici (la villa era davvero molto grande), perchè di lavoro, ormai, a livelli umani non ne esisteva proprio più.

Sfruttamento, quello era rimasto. Schiavismo? Si, va bene anche detta così. Orari di lavoro disumani a paghe da fame, questo era diventato il lavoro. La pensione non esisteva più, le ferie nemmeno, i permessi neppure, la malattia, la sicurezza, tutti arcani concetti perduti da almeno vent'anni (e peggiorati negli ultimi).

E lui, forse proprio perchè poteva, non riusciva proprio a rassegnarcisi...

C'era poi Max. Oh, si, questo piccolissimo particolare. Max, l'uomo più ricco del mondo, e forse, dopo Jordan, il suo migliore amico.

Un sacco di molte il multimiliardrio gli aveva offerto aiuto. Un lavoro, un prestito, un vitalizio... cosa serebbe mai stato per lui?

Ma era come aiutare il Mascetti.

- Uno scemo ricco.-

- No no, uno scemo e basta.-

Poco dopo, mentre uno scemo si abbandonava ai suoi pensieri di depressione, un giovane coglione stava in bilico sul tetto della rocca per farsi vedere da due ragazze, che si sa bene che tira più un pelo di...insomma, ci siamo capiti.


X.

"La teoria dei bambini Indaco venne sviluppata per la prima volta negli anni settanta del secolo scorso da Nancy Ann Tappe, che la espose al grande pubblico nel 1982 nel libro "Capire la vostra vita attraverso il colore", dove trattava principalmente il concetto New Age dell'aura. In tale libro diceva di aver notato, a partire dagli anni sessanta, una presenza sempre maggiore di bambini dotati di un'aura di colore indaco. Mise allora in relazione questo fenomeno con l'avvicinarsi di una nuova era dell'umanità, in cui il colore indaco dell'aura sarebbe stato predominante.

Circa una ventina d'anni dopo, il sensitivo Lee Carroll e da sua moglie Jan Tober, pubblicarono il libro "I bambini indaco: i nuovi bimbi sono arrivati", che divenne poi la più nota e citata fonte sull'argomento. I due lavorarono soprattutto per descrivere tali bambini dal punto di vista dei tratti caratteriali, includendo numerosi elementi nei quali molti genitori avrebbero potuto vedere rispecchiati i propri figli. Anche loro avvaloravano la tesi secondo cui l'avvento degli indaco preludeva a un salto evolutivo dell'umanità, che essi sarebbero stati alla base di un nuovo mondo, privo di guerre e di inquinamento (e, presumibilmente, di male ed avidità)

Nonostante la totale disomogeneità dei contributi (alcuni arrivarono a collegare gli indaco agli angeli ed altre creature eteree), la teoria ebbe grande eco, tanto che dall'inizio del nuovo millennio numerosi congressi internazionali sull'argomento, come questo, sono stati tenuti. Il primo si tenne alle Hawaii nel 2002.

La letteratura sull'argomento è comunque in continua espansione. Tra i più noti seguaci ed espansori della teoria v'è Doreen Virtue, che è arrivata ad ipotizzare l'avvento di una nuova generazione di bambini successiva a quella indaco, detta dei "bambini di cristallo".

Comunque, la teoria degli indaco è un concetto pseudoscientifico con cui si indicano una generazione di bambini che sarebbero dotati di tratti e capacità speciali (o addirittura sovrannaturali).

Generalmente, gli indaco vengono descritti come esseri dotati di spiccate qualità caratteriali (in particolare empatia, creatività, forza di volontà) oppure addirittura di poteri paranormali (in tal caso in genere si citano telepatia, chiaroveggenza o, nel caso ci si voglia credere, la capacità di comunicare con gli angeli).

Nonostante negli anni siano stati moltissimi i genitori che asseriscono di aver riconosciuto nei propri figli le caratteristiche degli indaco, solo ad oggi la teoria inizia ad avere qualche minimo fondamento scientifico.

Gli indaco sono dotati, come detto, di grande empatia, curiosità, forza di volontà, e una spiccata inclinazione spirituale. Sono anche molto intelligenti, intuitivi, e insofferenti nei confronti dell'autorità. Quest'ultima caratteristica è uno dei motivi per cui i bambini indaco sono generalmente percepiti come problematici nel sistema scolastico tradizionale, che una folle istituzione ha voluto inquadrare come malattia nel contesto della ADHD (la sindrome da deficit di attenzione e iperattività). La realtà ha invece dimostrato che tali presunti "malati", così dannosi per il sistema sociale ed economico dominante (come la famosa generazione x), sono invece autentici tesori della specie umana, estemamente dotati e realmente in grado di evolvere il mondo (proprio quello che la minoranza dominante del pianeta non vuole, chiaramente), seppur dotati di attenzioni particolari sul piano spirituale. L'istituto mondiale parallelo per la sanità nel 2027 stabilì che la sensibilità di questi individui è estremamente acuita, ed i danni che una umanità ormai inacidita ed immalignita aveva già fatto sulla maggioranza di questi nuovi esponenti della razza umana aveva prodotto danni presumibilmente incalcolabili per l'intera specie e la sua sopravvivenza.

Quanto alla ADHD, è una malattia sulla quale chiedo si rifletta molto attentamente. Assolutamente inventata per alcuni, sicuramente è una cosa che lascia molti dubbi. Basti pensare che essa è stata concepita in seguito all'osservazione di alcuni sintomi (e non in merito ad un vero e proprio studio scientifico). L'elenco dei sintomi lascia chiaramente intendere la grossa truffa farmacosociale cui siamo incorsi. Tra essi, ad esempio, ci sono l'essere facilmente distratti, perdere i dettagli, dimenticare le cose, e spesso passare da un'attività all'altra (non dimentichiamoci che stiamo parlando di BAMBINI), l'avere difficoltà a concentrarsi su una cosa, l'essere annoiato con un compito, dopo pochi minuti, a meno che si stia facendo qualcosa di divertente (ma che strano, eh?)."

Il pubblico in sala rise fragorosamente. Il relatore continuò:


"...l'avere difficoltà a focalizzare l'attenzione sull'organizzazione e completamento di un compito o nell'imparare qualcosa di nuovo, l'avere difficoltà a completare o svolgere compiti a casa, spesso perdendo le cose (per esempio, matite, giocattoli, compiti) necessarie per completare le attività. Io credo che tutti quanti voi siate state bambini e comunque molti di voi ne avranno, presumo. Lo sappiamo come sono fatti i bambini, vero? E si continua: ...non sembra ascoltare quando gli si parla, sognare ad occhi aperti..."

Fece una pausa e si tolse gli occhiali.

"...sognare ad occhi aperti."

Vincent ascoltava interessatissimo. Ma anche Jordan, inizialmente titubante, era ormai preso dalla cosa. Emy prendeva appunti sul suo palmare, mentre Sonya si era portata un registratore.

"Siamo arrivati al punto in cui SOGNARE AD OCCHI APERTI è da considerare un sintomo di una malattia. Non so come commentare questa cosa. Io credo che le persone che non lo fanno, ecco, credo che siano loro, i malati. Perchè smettere di sognare ad occhi aperti significa creare un mondo di zombi, un mondo di robot ubbidienti che accettano tutto come se quel tutto fosse tutto quello cui possono aspirare, senza nemmeno poter essere più in grado di immaginare che il mondo possa essere migliore. Un mondo senza più diritti, perfettamente in linea con i concetti sociali della Cina o anche della P2, ad esempio, e perfettamente in linea con i padroni del mondo."

Il relatore si guardò attorno, lanciando un'ampia panoramica sul pubblico. Eddie Krunder e Lisa Cuddert erano fra essi.

"...vi ricordo che quando il mondo ha cominciato a risvegliarsi davvero, è stato coniato il temine DISUBBIDIENTI. Un altro degli altri punti della presunta malattia è la" difficoltà a seguire le istruzioni". Il concetto di libertà di pensiero era morto, era nata l'ubbidienza e la disubbidienza. Ed era nato il convincimento globale, il semplice concetto di pensiero globale."

Fece una piccola pausa.

"L'undici settembre. E Carlo Giuliani."

Il pubblico mormorò.

"...comunque, sono sintomi anche il parlare senza sosta, il che probabilmente farebbe anche di me un malato, in questo caso, o toccare o giocare con qualsiasi cosa sia a portata di mano (come fa chiunque quando si trova in una situazione di noia, o nervosismo, o disagio), avere difficoltà a star seduti durante la cena, la scuola. Signori, ma voi li avete mai avuti meno di dieci anni? Ma vi siete mai ROTTI LE PALLE? Ecco. Ci aggiungiamo l'essere costantemente in movimento, e anche avere difficoltà a svolgere compiti o attività tranquille. A qualunque bambino piace di più tirare due calci ad un pallone piuttosto che leggere. O magari entrambe le cose. Ma non si può chiedere ad un bambino, e men che mai ad un adulto, di essere sempre un soldatino. Vi pare?"

Risate.

"Ecco, a tutto questo possiamo aggiungere anche il fatto di essere molto impazienti, proferire commenti inappropriati, mostrando le proprie emozioni senza inibizioni, e agire senza tener conto delle conseguenze (non sia mai che uno arrivi ad esporre le proprie emozioni!!), avere difficoltà nell'attendere cose che si vogliono o attendere il proprio turno di gioco, e...ridere spesso, con o senza un motivo reale.

Insomma, tutte quelle semplici cose che possono fare di noi delle persone VIVE, e men che mai (non sia!!), FELICI."

Il pubblico si lasciò scappare un accenno di applauso, ma il relatore li fermò. Non aveva ancora finito.

"...no, volevo solo aggiungere che nel 2012 ci hanno provato davvero, con gli zombi."

Ed ora risero liberamente ed applaudirono. Molti si alzarono in piedi.

Laura entrò nel centro congressi proprio in quel momento. Nessuno la notò, tranne Alan Brazer, il vecchietto. Che incidentalmente, era anche il relatore.

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