lunedì 25 giugno 2012

Dylan Dog, il film (parte prima)

E mica vi aspettavate una tavola nuova anche oggi, no? Dopo l'abbuffata delle ultime due settimane, ora voglio parlare un po' di altro.

Dunque, c'è una cosa di cui in effetti volevo parlare già da un po'. E per farlo mi prendo un po' di spazio, un po' di tempo, e parto da abbastanza lontano.

Il film su Dylan Dog. No, mi correggo. IL film su Dylan Dog. Che non è la stessa cosa.

Ok, Dylan Dog lo conosciamo tutti, il personaggio, 1986, Sclavi, successo incredibile, bla bla bla. Ok, Non è di questo che voglio parlare. Non di quel 1986, bensì di otto anni dopo, 1994.

L'anno di Dellamorte Dellamore di Michele Soavi.


Ignobilmente lasciato passare per IL film di Dylan Dog, sulla scia dell'enorme successo del fumetto, in realtà il film è la trasposizione cinematografica di un romanzo, DELLAMORTE DELLAMORE, appunto, uscito 1991, ma scritto molto tempo prima dell'uscita di Dylan Dog e dal quale Dylan Dog fu tratto. Basta questo per definirlo IL film di (su?) Dylan Dog?



Secondo me no.



Ma basta per definirlo IL film di Dellamorte Dellamore, con una bella stizzata d'occhio al personaggio del fumetto. Fumetto nel quale il nostro tombarolo è comparso una volta con una storia che è anche una parziale riscrittura della SUA, di storia, e nel quale è stato ricitato altre due volte.



Il gioco di rimandi è sottile, tipo, per citare un esempio tutto italiano, il parallelismo Fracchia/Fantozzi, il primo dei quali era uno dei personaggi dei romanzi del celebre impiegato della megaditta (sue erano le scene che poi nei film saranno rivissute da Filini, sebbene Filini già comparisse nei libri stessi).



Quindi, non era il film di Dylan Dog, ma era la cosa più vicina ad esso che ci fosse.


Francesco Dellamorte è il becchino di Buffalora, insieme al suo aiutante Gnaghi. Una strana epidemia si sta diffondendo: alcuni morti (tutti, poi scopriremo) entro sette giorni dal decesso ritornano. Per nulla turbato da ciò, Francesco è costretto, ogni volta, a sparare alla testa i suddetti e riseppellirli. Ha diversi hobbies (leggere elenchi del telefono, ad esempio), ma la sua monotonia cambia dopo l'incontro con una vedova insoddisfatta, che lui possiede sopra la tomba del marito, proprio la notte del suo ritorno. Lui morde lei, apparentemente uccidendola, e Francesco, dopo aver rimesso a tacere il marito, aspetta che lei RItorni per poterle sparare. Solo che lei non era morta, quindi non era ritornata, quindi dopo il proiettile di Francesco torna davvero. E lo morde. Sarà Graghi a farla fuori, questa volta.

E dopo, chissà, forse il morso lo fa delirare, o forse le cose accadono davvero, Francesco incontra anche la morte. Che gli fa notare che se deve aspettare che la gente muoia per poi riucciderla, allora tanto vale che gli pari in testa sin da vivi. Dellamorte segue il consiglio, uccidendo sempre più persone ed arrivando a perdere completamente il contatto con la realtà, non riuscendo più a distinguere la vita e la morte, e nemmeno le persone, ato che le donne che continua ad incontrare sono sempre uguali alla prima. Il giorno dopo Francesco viene a sapere dal commissario Straniero (personaggio ricorrente nei romanzi di Sclavi) che a commettere tutti gli omicidi avvenuti in città è stato un suo amico di nome Franco che adesso è in coma. Ignorato per sempre dalla vita, persino le vite che ha rubato non gli vengono riconociute. Così Francesco, infuriato, decide così di scappare via insieme a Gnaghi. Quella stessa mattina, si mettono in viaggio, solo per rendersi conto, passata la galleria che divide il paese dal resto del mondo, che il resto del mondo non esiste.

Abbiamo detto che era il film più vicino a Dylan Dog che ci fosse. E ci bastava! Vuoi perchè il film era bello davvero, vuoi perchè la storia stava bene in piedi e vuoi perchè la sceneggiatura era molto fedele al romanzo (con qualche piccola licenza per l'adattamento). Vuoi perchè Rupert Everett ERA Dylan Dog, ed era Dellamorte Dellamore al contempo. Vuoi perchè il film era al contempo poetico, d'avventura, horror (per gli standard dell'epoca) ed umoristico. FORTEMENTE umoristico. Esattamente lo stesso humor nero del romanzo. Vuoi le musiche, vuoi l'ambient, vuoi anche Anna Falchi (e cavolo se la volevi quella). Vuoi un sacco di cose, il film funzionava.


Fino a che non è arrivata 'sta cagata.


Ogni realtà ha il suo incubo. ECCOLO. (E occhio che la prossima volta parliamo di questa)


E allora no. Cavolo. Allora non ci bastava più.

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